Il Kashmir, le Orme e il mistero della Sindone
 
L’antiche tradizioni mussulmane
Secondo la tradizione Kashmira, Gesù, come fece poi anche Maometto, ordinò hai suoi fidati allievi di erigere la sua tomba esattamente sul luogo dove egli spirò, ma oggi essa non è più visibile né tanto meno è mai stato consentito di aprirla.
 
                                                                                   
All’interno di Rozabal sino al 1975 era conservata una croce in legno, oggi scomparsa, ma è rimasta nell’angolo di nord-ovest una pietra grigia sulla quale sono incise le impronte di due piedi, quella del sinistro reca una cicatrice rotonda mentre il destro ha una ferita a forma di piccolo arco.
 
Il Kashmir e l’antica leggenda delle divine impronte
Era l’anno 1975, quando il ricercatore spirituale Fida M. Hassnain insieme al professor Ghulam Mohi-ud-din entrarono dentro il sarcofago ligneo di Asaf. Si preparò un calco di gesso della lastra. Il risultato fu meraviglioso. Era chiaro che chi avesse scolpito quelle tracce, ha visto Asaf con i segni delle ferite. Gesù era stato messo in croce con i chiodi infilati nei piedi, e sia Gesù che Yuzu Asaph avevano in comune una cosa: i segni di ferite sui piedi.
La leggenda del Kashmir dice che un ignoto scalpellino, che aveva servito con devozione il Santo Yuzu Asaf nei numerosi lavori di arte artigianale, incise le impronte del suo Amato Salvatore su una lastra di pietra nera evidenziandone il fatto che quei piedi erano stati forati.
 
                                                                                                    
Mostrò la ferita del chiodo completa sul piede destro, per indicare che, al momento della crocifissione, il piede sinistro era messo sopra il destro, per essere successivamente inchiodato. Completò il lavoro facendo un buco rotondo in un piede, e nell’altro intagliò una ferita rigonfia. 
 
Il mistero della Sacra Sindone
Ritornando al professor Hassnain, prese contatto anche con lo scienziato tedesco Kurt Berna di Ludwigsburg, venuto alla ribalta mondiale per essere stato il primo che aveva richiamato l’attenzione degli studiosi di tutto il mondo sulle fattezze del volto di Gesù Cristo impresse sulla Sindone di Torino, in aggiunta alla sua convinzione espressa agli alti vertici del Vaticano, che Gesù non era assolutamente morto quando fu avvolto nel sacro lenzuolo.
Lo scienziato rispose e chiese al professore di mandargli delle foto della lastra dei piedi ritrovati.
 
Il 6 luglio del 1978 Kurt Berna rispose con una lettera che spiegava il suo rapporto sulle impronte:
“In questo caso, mentre è molto interessante la scoperta della ferita del chiodo riprodotta sul piede sinistro vicino alle dita, la riproduzione della ferita da chiodo del piede destro si trova esattamente nel punto di vista classico. Questo sta a significare che l’uomo in questione era stato crocifisso con il piede sinistro sopra il destro, e che un chiodo soltanto attraversava i piedi.
Non se ne può dedurre necessariamente che queste siano le vere impronte dei piedi dell’uomo che si trova nella tomba, tuttavia l’artista, realizzandole, ha dato grande importanza ai segni secondi i quali l’uomo sotto la lastra tombale sarebbe stato crocifisso, e al fatto che essi si trovano proprio in quei punti delle piante dei piedi, che ne facevano dei segni distintivi!
Fatto: un uomo crocifisso si trova nella tomba, ma se guardiamo la Sacra Sindone di Torino, scopriamo che il piede sinistro è stato incrociato sopra il destro, sulla croce, perché il ginocchio sinistro, avvolto nel lenzuolo, era più piegato e più rigido della gamba destra. Un’ulteriore indicazione, che l’uomo della Sindone di Torino e l’uomo sepolto a Srinagar sono la stessa persona!”.
 Questa sorprendente lettera di Kurt Berna mette per la prima volta in relazione Gesù di Rozabal, in Kashmir, con la Sacra Sindone di Gesù Cristo conservata a Torino.
                                                                                                                                            Meditare!
Dio, risponde all’uomo
Il mio pensiero va per un attimo ai piedi sofferenti di Padre Pio e al fatto che per cinquanta anni ha dovuto portare sandali più grandi di numero affinché con i suoi piedi deformati dalla sofferenza potessero camminare meglio.
 
Se penso allo scherzo che Dio ha fatto all’umanità quando ha richiamato il caro Padre Pio, riprendendolo con tutta la sofferenza divina* per lasciare all’uomo la perfetta materia rappresentata da due perfetti e bellissimi piedi nudi che per il sottoscritto rappresentano lo schiaffo che Dio ha dato all’uomo”.
 
In questo 2006, l’uomo ancora sta cercando di svelare questo mistero e io Mikado Francesco, custode del  “Vangelo secondo Mikado”
 
                                                                                                                                         Sorrido, sorrido e ancora sorrido.
 
* Stimmate.
 
Torna Indietro